CIRCOLARE 10 aprile 1997, N. 65/AA.GG.
Supplemento
ordinario alla "Gazzetta Ufficiale" n. 97
del 28 aprile
1997 - Serie generale
D. OPERE DI SOSTEGNO DEI TERRENI
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D. OPERE DI
SOSTEGNO DEI TERRENI
Lentità e la distribuzione
delle spinte trasmesse dal terreno ad unopera di sostegno
dipendono dalle caratteristiche meccaniche del materiale
costituente il terrapieno, dallentità dellazione
sismica locale, dalla tipologia e deformabilità dellopera
di sostegno e dalla entità dei possibili spostamenti rigidi.
È richiesta la valutazione dellequilibrio limite globale
dellopera di sostegno attraverso il procedimento dovuto a
Coulomb prendendo in conto sia le forze di inerzia di origine
sismica agenti sul cuneo di terreno spingente, quantificate al
punto 1, che le forze di inerzia agenti sullopera di
sostegno e sulleventuale terreno di zavorra, quantificate
al punto 2.
Le assunzioni implicite nel procedimento sono le seguenti:
lopera subisce movimenti tali da produrre nel terreno retrostante un regime di spinta attiva (tali movimenti possono essere dovuti alla inflessione della struttura oppure a rotazioni e scorrimenti rigidi di essa);
il cuneo di spinta (Coulomb) si comporta come un corpo rigido anche in presenza delle azioni sismiche;
le forze dinerzia sullopera sono valutate considerando la struttura stessa come rigida.
Quanto detto evidenzia che,
qualora lopera sia molto rigida ed incapace di produrre i
desiderati movimenti attraverso traslazioni e rotazioni rigide
(muri a gravità fondati su roccia o su pali muri tirantati ecc.)
si possono avere valori di spinta maggiori della spinta attiva.
Il riferimento alla teoria di Coulomb evidenzia inoltre che,
qualora lopera di sostegno sia zavorrata dal terreno
sovrastante lopera di fondazione, detta zavorra deve essere
pensata muoversi rigidamente in modo solidale al muro e dunque
soggetta alle stesse forze di inerzia orizzontali cui è soggetto
il muro. Eventuali carichi accidentali, invece, mentre andranno
presi in conto quali azioni verticali, non andranno conteggiati
in termini di forze di inerzia sismiche.
Si sottolinea inoltre che lassunzione di un comportamento
rigido dellopera può essere non sufficientemente
conservativo e dunque le assunzioni di cui al punto 2 possono
dover essere riviste nel senso di aumentare lentità delle
azioni e di allontanare da terra il loro punto di applicazione.
Si segnala infine che, nelle prescrizioni normative, non è
esplicitamente menzionato il contributo dovuto allazione
dinamica sullacqua presente nel terreno retrostante il
muro.
Qualora detto terreno sia saturo dacqua la presenza del
liquido dovrà essere presa in conto in termini di azioni
dinamiche da esso prodotte, distinguendo i terreni permeabili da
quelli non permeabili.
Per le opere in cemento armato, normale e precompresso, ed a struttura metallica, il collaudo statico è previsto dallart.7 della legge 5.11.1971 n.1086 ed i relativi adempimenti tecnici sono indicati nelle norme tecniche di cui allart. 21 della medesima legge. Per strutture di tipo diverso, il collaudo statico è previsto dalle norme tecniche di cui allart. I della legge 2.2.74 n.64.
Tale adempimento, fondamentale in linea generale per assicurare la verifica della rispondenza della costruzione ai requisiti previsti in progetto ed alle relative normative, assume nel caso particolare delle costruzioni in zona sismica, ancor maggiore rilevanza.
In effetti è appena il caso di ricordare limportanza che riveste la verifica continua delle varie fasi esecutive di una struttura, durante tutto il processo costruttivo della medesima; è pertanto necessario che il collaudo, sia delle nuove costruzioni da realizzarsi in zona sismica, sia degli interventi di adeguamento sismico, avvenga in corso dopera. Relativamente a questi ultimi tipi dintervento, le norme sismiche contengono, al punto C.9.4, specifiche prescrizioni.
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Indicazioni costruttive per strutture in calcestruzzo armato
Al fine di conseguire la
desiderate caratteristiche di duttilità locale e globale può
farsi riferimento alle seguenti indicazioni sulla geometria e
sulle armature degli elementi.
I quantitativi di armatura e le dimensioni indicate nel seguito
rappresentano valori minimi, indipendenti dalle richieste
evidenziate dallanalisi.
Staffe di contenimento: sono staffe chiuse o eliche di diametro minimo 6 mm con piegature a 135° alle due estremità, prolungate, ciascuna per almeno dieci diametri.
Legature (o cravatte): sono costituite da barre di diametro minimo 6 mm con piegature a 135° alle due estremità, prolungate ciascuna per almeno 10 diametri.
Le piegature, (o uncini) delle staffe, devono essere assicurate alle barre longitudinali. Le piegature delle legature devono essere assicurate alle staffe.
1. Travi
1.1 Definizione e limiti geometrici
Si definiscono travi, ai fini di applicare le regole contenute in questo articolo, gli elementi soggetti a flessione e sforzo assiale, quando questultimo non supera il valore:
N = 0,05 Ac
Rck
dove:
N | la massima sollecitazione di sforzo assiale di progetto in condizioni sismiche; |
Ac | è larea della sezione trasversale dellelemento; |
Rck | è la resistenza caratteristica cubica del conglomerato; |
![]() |
è pari a 1 se si utilizza il metodo delle tensioni ammissibili; è pari a 1,5 se si utilizza il metodo degli stati limite. |
La lunghezza libera delle travi non deve essere minore di tre volte laltezza, h, della sezione trasversale. In caso contrario lelemento si definisce "trave corta" e dovrà soddisfare le particolari prescrizioni di cui al par. 4.3.
La larghezza della trave, b, non deve essere minore di 20 cm e, per le travi basse comunemente denominate "a spessore", non maggiore della larghezza del pilastro, aumentata da ogni lato di metà dellaltezza della sezione trasversale del pilastro stesso;
Il rapporto b/h non deve essere minore di 0,25.
1.2 Armature longitudinali
In ogni sezione della trave, il rapporto darmatura al bordo superiore (As) e quello al bordo inferiore (Ai) devono essere compresi tra i seguenti limiti:
dove
![]() |
è il rapporto geometrico
di armatura = As /(b h) oppure Ai
/(b h) ove As e Ai rappresentano larea dellarmatura longitudinale, rispettivamente, superiore e inferiore; |
f yk | è la tensione caratteristica di snervamento dellacciaio (in N/mm2). |
Almeno due barre di diametro non inferiore a 12 mm devono essere presenti superiormente e inferiormente per tutta la lunghezza della trave.
A ciascuna estremità collegata con pilastri, per un tratto pari a due volte laltezza utile della sezione trasversale, la percentuale di armatura compressa non deve essere minore della metà di quella tesa nella stessa sezione.
Almeno un quarto dellarmatura superiore necessaria alle estremità della trave deve essere mantenuta per tutto il bordo superiore della trave.
1.3 Armature trasversali
Nelle zone di attacco con i pilastri, per un tratto pari a due volte laltezza utile della sezione trasversale, devono essere previste staffe di contenimento. La prima staffa di contenimento deve distare non più di 5 cm dalla sezione a filo pilastro; le successive devono essere disposte ad un passo non maggiore della più piccola delle grandezze seguenti:
un quarto dellaltezza utile della sezione trasversale;
sei volte il diametro minimo delle barre longitudinali considerate ai fini delle verifiche;
15 cm.
2 Pilastri
2.1. Definizione e limiti geometrici
Si definiscono pilastri, ai fini dellapplicazione delle regole contenute in questo articolo, gli elementi soggetti a flessione e sforzo assiale quando questo supera il valore:
N= 0,05 Ac Rck
con i simboli definiti al punto 1.
La dimensione minima della sezione trasversale non deve essere
inferiore a 30 cm.
Il rapporto tra i lati minimo e
massimo della sezione trasversale non deve essere inferiore a
0,3; in caso contrario lelemento sarà assimilato alle
pareti portanti trattate nel paragrafo 4.3.
Il rapporto L/b tra laltezza netta e la minima dimensione
trasversale non deve essere maggiore di:
16 se il pilastro e soggetto a
momenti di segno opposto alle due estremità;
10 negli altri casi.
Ove gli indicati valori del rapporto L/b non vengano rispettati, occorre eseguire una specifica verifica che tenga conto delle sollecitazioni indotte dagli effetti del 2° ordine.
2.2. Armature longitudinali
Nella sezione corrente del pilastro la percentuale di armatura longitudinale deve essere compresa tra i seguenti limiti:
con A area totale
dellarmatura longitudinale.
Per tutta la lunghezza del pilastro linterasse tra le barre
non deve essere superiore a 25 cm.
2.3. Armature trasversali
Alle due estremità del pilastro si devono disporre staffe di contenimento e legature per una lunghezza, misurata a partire dalla sezione di estremità, pari alla maggiore delle seguenti quantità:
il lato maggiore della sezione trasversale;
un sesto dellaltezza netta del pilastro;
45 cm.
In ciascuna delle due zone di
estremità devono essere rispettate le condizioni seguenti: le
barre disposte sugli angoli della sezione devono essere contenute
dalle staffe; almeno una barra ogni due, di quelle disposte sui
lati, dovrà essere trattenuta da staffe interne o da legature;
le barre non fissate devono trovarsi a meno di 15 cm da una barra
fissata.
Il diametro delle staffe di contenimento e legature non deve
essere inferiore a 8 mm.
Esse saranno disposte ad un passo pari alla più piccola delle
quantità seguenti:
6 volte il diametro delle barre longitudinali che collegano;
un quarto del lato minore della sezione trasversale;
15 cm.
Nelle parti intermedie del pilastro la distanza tra le staffe non deve superare i valori seguenti:
10 volte il diametro delle barre longitudinali che collegano;
metà del lato minore della sezione trasversale;
25 cm.
Le armature di cui sopra devono comunque soddisfare la verifica a taglio.
3. Nodi trave-pilastro
Si definisce nodo la zona del pilastro che si incrocia con le travi ad esso concorrenti.
3.1. Geometria
Sono da evitare per quanto possibile eccentricità tra lasse della trave e lasse del pilastro concorrenti in un nodo. Nel caso che tale eccentricità superi 1/4 della larghezza del pilastro la trasmissione degli sforzi deve essere assicurata da armature adeguatamente dimensionate allo scopo.
3.2 Armature
Le armature longitudinali delle travi, sia superiori che inferiori, devono attraversare, di regola, il nodo senza giunzioni. Quando ciò non risulti possibile, sono da rispettare le seguenti prescrizioni:
le barre vanno ancorate oltre la faccia opposta a quella di intersezione, oppure rivoltate verticalmente in corrispondenza di tale faccia
la lunghezza di ancoraggio va calcolata in modo da sviluppare una tensione nelle barre pari a 1,25 fyk, e misurata a partire da una distanza pari a 6 diametri dalla faccia del pilastro verso linterno.
Lungo le armature longitudinali
del pilastro che attraversano i nodi devono esser disposte staffe
di contenimento in quantità almeno pari alla maggiore prevista
nelle zone del pilastro inferiore e superiore adiacenti al nodo.
Questa regola può non essere osservata quando nel pilastro si
innestano travi su ciascuna delle quattro facce.
4. Pareti
4.1. Definizione e limiti geometrici
Si definiscono pareti gli elementi
portanti verticali quando il rapporto tra la minima e la massima
dimensione della sezione trasversale è inferiore a 0,3.
Lo spessore delle pareti deve essere generalmente non inferiore a
150 mm, oppure a 200 mm nel caso previsto al par. 4.3 (armature
ad X nelle travi di collegamento).
4.2 Armature
Le armature, sia orizzontali che
verticali, devono esser disposte su entrambe le facce della
parete.
Le armature presenti sulle due facce devono esser collegate con
legature in ragione di almeno sei ogni metro quadrato.
Il passo tra le barre deve essere non maggiore di 30 cm.
Il diametro delle barre deve essere non maggiore di un decimo
dello spessore della parete.
Il rapporto geometrico dellarmatura totale verticale deve esser
compreso tra i 5< limiti:
qualora il rapporto tra altezza e lunghezza della parete non sia maggiore di 4, altrimenti
Uguali condizioni vanno rispettate per larmatura orizzontale.
Una armatura trasversale
orizzontale più fitta va disposta alla base della parete per
unaltezza pari alla lunghezza in pianta (l) della
parete stessa, in vicinanza dei due bordi per una lunghezza pari
a 0,20 l su ciascun lato.
In tali zone larmatura trasversale deve esser costituita da
tondini di diametro non inferiore a 8 mm, disposti in modo da
fermare tutte le barre verticali con un passo pari a 10 volte il
diametro della barra ma non inferiore a 25 cm.
4.3. Travi di coIlegamento
Le travi di collegamento di pareti
accoppiate vanno verificate con i criteri previsti per le travi
normali delle strutture intelaiate purché il rapporto tra luce
netta ed altezza sia superiore a 3.
Quando tale condizione non è soddisfatta esse devono essere
armate a flessione con armatura doppia simmetrica; la stessa
armatura trasversale richiesta per assorbire il taglio deve
essere disposta anche longitudinalmente in modo da costituire due
reti a maglia quadrata disposte sulle due facce.
Se il valore della tensione tangenziale di calcolo, eccede il limite
seguente:
tutto il taglio deve essere
assorbito da unarmatura ad X che attraversa diagonalmente
la trave e si ancora nelle due pareti adiacenti.
Ciascuno dei due fasci di armatura deve essere racchiuso da
armatura a spirale o da staffe di contenimento con passo non
superiore a 100 mm.
In questo caso, in aggiunta allarmatura diagonale sarà
disposta su ciascuna faccia della trave una rete di diametro 10
mm a maglia quadrata di lato 10 cm, ed armatura corrente di 2
barre da 16 mm ai bordi superiore ed inferiore.
Gli ancoraggi delle armature nelle pareti saranno del 50% più
lunghi di quanto previsto per le zone non sismiche.
Quando è necessario adottare armature ad X lo spessore minimo
delle pareti accoppiate e delle travi deve essere non minore di
20 cm.
In ogni caso il valore della tensione tangenziale non può
eccedere il limite:
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INTERAZIONE FRA TELAI E PANNELLI MURARI DI TAMPONATURA
Modello di calcolo
1. Campo di validità del procedimento esposto
Il procedimento di calcolo esposto nel presente allegato, può essere ritenuto valido per riprodurre con sufficiente approssimazione il comportamento di un elemento di telaio contenente una tamponatura muraria e sottoposto allazione di una forza laterale quando siano soddisfatte le seguenti condizioni:
Il telaio è costituito da elementi di cemento armato (o metallici) adeguatamente collegati fra loro nei nodi ed aderenti alla tamponatura. Questa deve essere efficacemente collegata alla intelaiatura in modo che ne sia assicurato il contatto e quindi laderenza tale da garantire la trasmissione di sforzi normali e taglianti oltre allinamovibilità;
Il rapporto h/l (Fig. 1) fra i lati del pannello murario deve essere compreso di norma tra 0,5 e 2,0;
Il rapporto h/t (Fig. 1) fra laltezza e lo spessore (snellezza) del pannello murario non deve essere superiore a 20:
Nel pannello di tamponatura non devono essere presenti aperture, salvo che queste siano delimitate da intelaiature in cemento armato atte a ricostituire la continuità dei due tratti delle diagonali di muratura come in seguito esposto.
2. Valutazione della deformabilità laterale
Per la valutazione della
deformabilità laterale del sistema composto da telaio e
tamponatura, quindi per il calcolo della ripartizione delle forze
sismiche orizzontali fra gli elementi resistenti, si può tener
conto delleffetto delle tamponature in maniera
sufficientemente approssimata considerando il funzionamento di un
puntone diagonale equivalente (Fig. 2). Tale puntone deve avere lo spessore t
della muratura e larghezza s uguale ad 1/10 della
lunghezza della diagonale. Si può considerare allora un sistema
equivalente formato dalle travi e dai pilastri del telaio,
nonché dai suddetti puntoni diagonali considerati incernierati
alle estremità (Fig. 3).
Ogni puntone avrà pertanto una rigidezza equivalente pari a:
(EA/d)eq = 0,1 Em t
in cui è la lunghezza della diagonale, mentre Em
è definito nel successivo punto 4.
3. Meccanismi di rottura dei pannelli murari
Il comportamento laterale di un telaio piano risente fortemente dell'effetto di interazione prodotto dalle tamponature presenti nel piano del telaio stesso, purché queste siano ad esso efficacemente collegate. Per poter fare affidamento su tale effetto, devono essere soddisfatte le condizioni di seguito indicate:
il pannello è contenuto nel piano medio del telaio;
le caratteristiche meccaniche dei materiali e gli spessori sono tali da rendere soddisfatte le verifiche di resistenza; in particolare sono da escludere le pareti in foglio, o costituite da elementi con percentuale di foratura superiore al 45%;
è assicurato il contatto con la struttura di cemento armato;
sono assenti aperture, a meno che le aperture siano adeguatamente riquadrate;
hanno elevata resistenza allazione sismica ortogonale al piano del pannello.
Con riferimento ad una maglia di telaio interagente con un pannello murario in essa contenuto ed avente spessore t, lunghezza l ed altezza h (Fig. 1), le ricerche sperimentali svolte hanno messo in evidenza la possibilità di tre meccanismi di rottura delle murature.
I tre meccanismi sono i seguenti:
rottura per scorrimento orizzontale dovuta alle tensioni tangenziali agenti nella zona centrale della tamponatura, secondo lo schema rappresentato nella;
rottura diagonale per trazione, dovuta alle tensioni di trazione inclinate, agenti anche esse nella zona centrale della tamponatura (Fig. 4b);
rottura per schiacciamento locale degli spigoli della tamponatura, dovuta alla concentrazione delle forze orizzontali di interazione trasmesse dal telaio (Fig. 4c). La rottura della struttura di cemento armato verrà esaminata al successivo punto 5.
4. Verifica della tamponatura
Le verifiche di resistenza relative alle tre condizioni di rottura descritte al paragrafo precedente, in via approssimata, possono essere condotte sulla base delle seguenti relazioni:
Verifica al lo scorrimento orizzontale:
|
(A) |
essendo
- Verifica a trazione lungo la diagonale:
|
(B) |
- Verifica allo schiacciamento degli spigoli:
|
(C) |
Nelle formule scritte, oltre alle dimensioni h, l, t del pannello murario sono state indicate le seguenti grandezze:
H0 = forza sismica
orizzontale agente sull'elemento di muratura (componente
orizzontale della forza agente nel puntone equivalente), da
valutare tenendo conto del coefficiente di struttura:
= resistenza caratteristica a taglio della muratura
in assenza di carichi verticali;
= resistenza caratteristica a compressione della
muratura;
= arctg
,
angolo della diagonale del pannello rispetto all'orizzontale;
![]() |
fattore di riduzione
delle tensioni: per verifiche alle tensioni ammissibili equivale a 2; per verifiche agli stati limite equivale a 1; |
Ec = modulo di elasticità di calcestruzzo:
Em = modulo di elasticità della muratura;
I = | momento di inerzia della sezione trasversale del pilastro calcolato rispetto al suo asse ortogonale al piano della tamponatura (in caso di pilastri di diversa sezione si assume il valore medio dei due momenti di inerzia); |
Per i valori delle caratteristiche di resistenza e dei moduli elastici della muratura può farsi riferimento al D.M. 20.11.87 oppure a risultati di apposite indagini teorico - sperimentali chiaramente comprovati.
5. Verifica delle strutture di contenirnento in cemento armato
5.1 Forze assiali nei pilastri.
Si deve tener conto delle variazioni delle forze assiali nei pilastri che si calcolano applicando le forze sismiche orizzontali al modello di struttura comprendente i puntoni equivalenti.
5.2. Forze di taglio nei pilastri
Per la validità delle considerazioni svolte e delle formule indicate è essenziale che la rottura per taglio dei pilastri non preceda quella dei pannelli murari. Pertanto ciascun pilastro adiacente ad un pannello di tamponatura deve essere verificato per una forza tagliante pari al taglio su di esso calcolato secondo lo schema indicato al punto 2., aumentato della forza orizzontale H0 calcolata per la tamponatura.
5.3. Flessione nei pilastri
Ciascun pilastro che affianchi una tamponatura deve essere verificato per un momento flettente pari al momento flettente su di esso calcolato secondo lo schema indicato al punto 2. aumentato del momento:
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Edifici in muratura: Provvedimenti tecnici di intervento
Nella concezione ed esecuzione degli interventi di seguito illustrati, particolare attenzione deve essere dedicata ai problemi della durabilità; in particolare, ove si utilizzino elementi metallici, si consiglia l'uso di materiali autopassivanti o adeguatamente protetti.
1. Pareti murarie
Per aumentare la resistenza di un elemento murario si può ricorrere, in genere, ad uno o più dei seguenti provvedimenti:
iniezioni di miscele leganti;
applicazione di lastre in cemento armato o di reti metalliche elettrosaldate e betoncino;
inserimento di pilastrini in cemento armato o metallici in breccia nella muratura;
tirantature orizzontali e verticali.
Gli interventi localizzati sono
sconsigliati come unico modo di rafforzamento delle murature se
non inseriti in un sistema generale di riorganizzazione della
struttura.
Devono essere eliminati o consolidati indebolimenti locali delle
pareti murarie in prossimità degli innesti e degli incroci per
l'eventuale presenza di canne fumarie o vuoti di qualsiasi
genere.
In caso di irregolare distribuzione delle aperture (vani di
finestre o porte) nei muri maestri, quando non sia possibile la
loro chiusura, con muratura efficacemente ammorsata alla
esistente, si deve provvedere alla cerchiatura delle aperture
stesse a mezzo di telai in cemento armato o metallici collegati
alla muratura adiacente tramite perforazioni armate.
2. Applicazione di tiranti
Ove non sia presente un efficace
cordolo in cemento armato, devono disporsi tiranti ancorati
tramite piastre di dimensioni opportune o di chiavi, che
consentano una efficace cerchiatura dell'edificio.
I tiranti possono essere realizzati con normali barre in acciaio
per armatura, piatti o profilati metallici o con trefoli in
acciaio armonico. Questi possono essere disposti sia
orizzontalmente che verticalmente, e devono essere estesi a tutta
la dimensione della parete.
Se i solai non sono in grado di assicurare un sufficiente
incatenamento delle pareti, si deve intervenire con tiranti
orizzontali, ancorati all'esterno delle pareti medesime. In
alternativa si possono far funzionare i solai come incatenamenti,
applicando alle travi ed ai travetti, se questi elementi possono
essere ritenuti idonei allo scopo, chiavi metalliche ancorate
all'esterno delle pareti.
L'uso di tiranti di acciaio, analogamente a quello dei cordoli di
piano, mira a migliorare lo schema strutturale tramite la
realizzazione di efficaci collegamenti tra le strutture murarie
-portanti, assicurando un funzionamento monolitico del complesso
edilizio da consolidare.
Non risultano, peraltro, trascurabili i vantaggi che ne
conseguono nei riguardi della duttilità e della risposta ultima
alle azioni sismiche se i tiranti sono presollecitati. Tuttavia,
per quanto riguarda in particolare la presollecitazione
verticale, è opportuno che la tensione normale. nelle murature,
non superi, aggiunta alla precompressione, il valore di un quinto
di quella di rottura.
I tiranti possono essere posti in opera all'interno o all'esterno
delle murature. Nel primo caso (tiranti trivellati) essi sono
costituiti da trefoli d'acciaio arrnonico disposti inguainati
entro fori trivellati nello spessore delle murature. Nei secondo
caso i tiranti sono costituiti da barre, piatti o profilati in
acciaio paralleli sulle due facce della muratura ed ammorsati ad
una piastra in testa del muro per mezzo di un sistema a vite che
consente di imprimere uno stato di presollecitazione. Questo tipo
di tiranti è prevalentemente usato nella disposizione
orizzontale.
Gli elementi di contrasto sulle murature, sono di regola
costituiti da piastre metalliche che hanno il compito di
distribuire la forza indotta dal tirante sulla muratura evitando
concentrazioni di sforzi. Le tirantature orizzontali, adempiono
inoltre, al compito di legare le pareti ortogonali: a questo fine
è opportuno che le teste dei tiranti siano collegate a piastre o
a chiavi di dimensioni adeguate alle caratteristiche di
connessione.
I tiranti esterni sono costituiti da barre metalliche aderenti
alle murature o poste in scanalature ricavate sulla loro
superficie in modo da occultarne la vista. Anche qui, per i
tiranti orizzontali, è opportuno disporre chiavi in testata, di
dimensioni tali da garantire una buona legatura tra le murature.
3. Iniezioni di miscele e leganti
L'adozione di iniezioni di miscele
leganti, mira al miglioramento delle caratteristiche meccaniche
della muratura da consolidare. A tale tecnica. pertanto, non può
essere affidato il compito di realizzare efficaci ammorsature dei
muri e quindi di migliorare, se applicata da sola, il primitivo
schema strutturale.
Le iniezioni possono essere eseguite con miscele cementizie,
semplici o additivate, oppure a base di resine organiche.
Le miscele a base di resine saranno scelte adottando, in
generale, prodotti a basso valore di modulo elastico quando
l'ampiezza media delle lesioni è piccola e a più elevato valore
di detto modulo per riempimenti di zone estese.
a) Miscele a base di legante cementizio
La miscela da iniettare deve possedere le seguenti proprietà:
buona fluidità;
buona stabilità;
tempo di presa opportuno;
adeguata resistenza;
minimo ritiro.
Tali proprietà, sono agevolmente
conseguibili con le sospensioni cementizie in acqua, semplici o
con sabbie molto fini a granuli arrotondati, caratterizzate da
valori del rapporto acqua-cemento in genere variabili da 0,6 a
1,2 e migliorate con l'aggiunta di additivi fluidificanti ed
espansivi antiritiro. Il cemento deve essere di granulometria
molto fine.
La scelta della pressione di immissione va fatta tenendo conto
che le dilatazioni trasversali prodotte dal fluido in pressione,
a causa delle eventuali discontinuità della muratura nei piani
paralleli ai paramenti, potrebbero modificare negativamente la
configurazione di equilibrio raggiunta dalla costruzione.
In ogni caso le iniezioni devono essere fatte a bassa pressione,
eventualmente ricorrendo a fasi successive con pressioni via via
crescenti e vanno condotte iniziando dal basso, e procedendo con
simmetria.
Nel caso di murature incoerenti e caotiche, l'uso di questa
tecnica richiede la loro incamiciatura o il ricorso ad altri
provvedimenti cautelativi per non disperdere la miscela.
La tecnica operativa può essere articolata nelle seguenti fasi
di lavoro:
scelta dei punti in cui praticare i fori, effettuata in funzione della diffusione delle fessure e della porosità del muro; in genere sono sufficienti 2-3 fori per m2;
asportazione dell'intonaco lesionato e stuccatura con malta cementizia delle lesioni per evitare risorgenze di miscela;
esecuzione dei fori con perforazioni di diametro fino a 40 mm, eseguite mediante trapani o sonde rotative;
posizionamento nei fori degli ugelli di immissione e successiva sigillatura con malta di cemento;
immissione preliminare di acqua a leggera pressione, allo scopo di effettuare il lavaggio delle sezioni filtranti e di saturare la massa muraria;
iniezione della miscela.
Nel caso di dissesti localizzati in zone limitate può risultare conveniente risanare dapprima a bassa pressione queste zone e poi operare a pressione più elevata, nelle zone rimanenti.
b) Miscele a base di resine
Stante la forte dipendenza, per il
buon esito dell'operazione, dal dosaggio dei componenti base e
dalle condizioni di esecuzione, si consiglia l'uso delle
iniezioni di miscele a base di resine nei soli casi in cui
risulti dimostrata la convenienza economica e si possa fare
ricorso ad operatori specializzati.
La tecnica operativa resta, comunque, non dissimile da quelle
già illustrate per le iniezioni cementizie alla quale si
rimanda.
c) Iniezioni armate
Tale sistema di consolidamento
prevede l'inserimento nella muratura di un reticolo di barre
metalliche, assicurandone la collaborazione per aderenza mediante
miscele cementanti. In condizioni sfavorevoli, può essere
necessario consolidare, preventivamente la muratura mediante
iniezioni semplici.
L'uso di questa tecnica è consigliabile allorché si debbano
realizzare efficaci ammorsature tra le murature portanti, nei
casi in cui non si possa ricorrere all'uso di altre tecnologie.
In questo caso le cuciture si realizzano mediante armature di
lunghezza pari a 23
volte lo spessore delle murature, disposte in fori trivellati
alla distanza di 40-50 cm l'uno dall'altro e preferibilmente
inclinati alternativamente verso l'alto e verso il basso.
Le miscele leganti da impiegare sono dello stesso
tipo di quelle esaminate al punto a) con l'avvertenza che
dovranno essere ancora più accentuate le caratteristiche di
aderenza ed antiritiro, oltre che di resistenza, per poter
contare sulla collaborazione fra armature e muratura, poiché nel
caso specifico le iniezioni sono localizzate nelle zone più
sollecitate.
4. Applicazione di lastre e reti metalliche elettrosaldate
L'intervento mira a conservare,
adeguandola alle nuove esigenze, la funzione resistente degli
elementi murari, fornendo ad essi un'adeguata resistenza a
trazione e dotandoli di un grado più o meno elevato di
duttilità, sia nel comportamento a piastra che in quello a
parete di taglio.
È opportuno che questo tipo di intervento venga esteso, con
particolari accorgimenti, in corrispondenza degli innesti murari,
onde realizzare anche una modificazione migliorativa dello schema
strutturale.
Il consolidamento si effettua con l'apposizione, possibilmente su
una o entrambe le facce del muro, di lastre cementizie
opportunamente armate e di adeguato spessore. Le armature sono
costituite da barre verticali ed orizzontali o da reti, nonché
da ferri trasversali passanti nel muro che assicurino i
collegamenti.
In relazione al tipo ed allo stato di consistenza della muratura,
a questo intervento può essere associata la iniezione in
pressione, nel corpo murario, di miscele leganti.
Su ciascun elemento murario l'intervento può ancora essere
dosato, sia operando per "fasce" verticali ed
orizzontali, sia limitandolo al solo rinforzo del perimetro dei
vani porta o finestra o adottando un sistema misto di rinforzo.
La tecnologia dell'intervento, di norma è articolata nelle
seguenti operazioni:
preparazione delle murature, previa adeguata puntellatura: asportazione dell'intonaco, riempimento delle cavità esistenti con particolare riguardo a quelle in prossimità delle ammorsature tra i muri, rifacimento a cuci-scuci;
spazzolatura e lavaggio con acqua od aria in pressione;
esecuzione delle perforazioni nella muratura per l'alloggiamento delle barre trasversali di collegamento;
applicazione delle barre o delle reti di armatura su una o entrambe le facce del muro, con adeguate sovrapposizioni e risvolti;
messa in opera di distanziatori dell'armatura dal muro, per consentire il completo avvolgimento delle barre da parte della lastra cementizia, di spessore adeguato e comunque non inferiore a 2 cm;
alloggiamento, nei fori, delle barre trasversali con adeguati risvolti di ancoraggio;
l'inserimento dei collegamenti delle lastre cementizie agli elementi resistenti di contorno (solai - cordoli - pareti trasversali - fondazioni);
esecuzione della lastra cementizia per lo spessore prefissato, dopo abbondante lavaggio del la superficie muraria;
esecuzione delle eventuali
iniezioni nei muri, effettuate con pressioni che, per la
presenza delle lastre armate aventi funzione di
contenimento, possono essere anche elevate, fino a 23 kg/cm2.
5. Inserimento di cordoli e pilastrini
Tale tecnica non differisce, nelle
finalità, da quella precedentemente illustrata.
Il concetto informatore è quello dell'introduzione nelle
murature di elementi resistenti, atti a confinare la muratura o
dotarla di duttilità strutturale - in modo discontinuo e
concentrato, anziché diffuso.
Per tale motivo è consigliabile l'adozione di questa tecnica
quando si debba operare con murature a blocchi squadrati
(mattoni, pietre lavorate) o comunque di discreta consistenza,
risultando per contro sconsigliabile per interventi su murature
di costituzione caotica e con malta degradata.
Il funzionamento dell'insieme strutturale si modifica
profondamente in senso positivo, solo se gli elementi in cemento
armato o in acciaio, sono convenientemente organizzati fra loro
ed in rapporto alla muratura, come può ottenersi eseguendo una
serie di cordoli verticali ed orizzontali tutti collegati fra
loro.
L'inserimento di pilastrini, in breccia è effettuato a distanze
regolari (circa 2 m). Si crea uno scasso per circa 15 cm
all'interno della muratura e si realizza l'ancoraggio, per mezzo
di staffe passanti o di spaccature distribuite lungo l'altezza.
Per la realizzazione di cordoli a tutto spessore, è necessario
procedere al taglio a forza della muratura, operando per campioni
o globalmente.
Nel primo caso si affida la resistenza del pannello murario
durante le fasi realizzative alle porzioni di murature integre o
già trattate; nel secondo caso occorre disporre appositi
sostegni (eventualmente martinetti) ai quali è delegato il
compito di sostenere i carichi verticali durante la costruzione
del cordolo.
Per i cordoli di tipo a spessore parziale è necessario
predisporre tagli passanti per realizzare poi collegamenti di
ancoraggio e sostegno; se due cordoli cingono la muratura al
medesimo livello, tali collegamenti hanno sagoma cilindrica,
mentre se il cordolo è da un solo lato, tali collegamenti sono
conformati a mò di tronco di piramide con dimensione maggiore
verso l'esterno.
L'armatura metallica è costituita da una gabbia formata da barre
longitudinali e staffe, con un minimo di 4 Ø 12 e staffe Ø 6
ogni 30cm.
Nei cordoli a tutto spessore, realizzati globalmente, i
martinetti a vite restano ingiobati nel getto.
L'esecuzione di cordoli e pilastrini in acciaio avviene con
modalità analoghe a quelle sopra indicate, assicurando la
collaborazione con la muratura mediante opportune zancature.
6. Archi e volte
Gli archi e le volte devono essere
muniti di cinture, chiavi e tiranti, posti convenientemente in
tensione, ed atti ad assorbire integralmente le spinte, a meno
che le murature di sostegno abbiano spessori sufficienti a
sopportare le spinte, valutate tenendo conto anche delle azioni
sismiche.
Qualora occorra risanare o rinforzare le volte, è possibile
intervenire con la tecnica delle iniezioni di miscele leganti
meglio se integrate da perforazioni armate.
Nel caso delle volte di luce non molto grande, un valido sistema
di rafforzamento consiste nel costruire in aderenza un guscio
portante, generalmente estradossato, realizzato da una rete
metallica elettrosaldata chiodata alla struttura da rinforzare
e da uno strato di malta antiritiro ad elevata
resistenza o di miscele di resine. L'intervento deve essere
preceduto da una accurata pulitura della superficie, in aderenza
alla quale si esegue il rinforzo, con aria compressa ed
eventualmente qualora si impieghino malte cementizie, con acqua,
nonché dalla sigillatura delle lesioni macroscopiche.
Con tale procedimento, in particolare, è possibile evitare
interventi sulla superficie di intradosso, il che assume
fondamentale importanza allorché questa ultima sia affrescata o
presenti, comunque. caratteristiche estetiche da non alterare.
Gli archi e le volte che siano interessati da gravi dissesti, se
realizzati con muratura di non buona consistenza e fattura,
devono essere eliminati.
7. Solai
Il restauro statico del solaio deve puntare al soddisfacimento dei seguenti requisiti fondamentali:
resistenza adeguata ai carichi previsti in fase di utilizzazione;
in relazione a detti carichi, rigidezze (trasversali e nel proprio piano) sufficienti ad assicurare sia la funzionalità in esercizio dell'elemento strutturale, sia la funzione di diaframma di collegamento e ripartizione tra le strutture verticali;
collegamento efficace con le murature verticali, agli effetti delle trasmissioni degli sforzi.
I primi due requisiti, nel caso di
solai in legno, possono essere agevolmente realizzati, ad
esempio, inchiodando al tavolato esistente uno strato di tavole
ortogonali alle precedenti di conveniente spessore (S3 cm) oppure,
realizzando una soletta di calcestruzzo armato di sufficiente
spessore per assicurare resistenza e rigidezza alla struttura
mista finale (legno -cemento armato).
Qualora i solai siano deteriorati, si da non possedere adeguata
rigidezza nel proprio piano, essi devono essere sostituiti o
rinforzati.
Nel caso si impieghino travetti prefabbricati in cemento armato
ordinario o precompresso, si deve disporre una apposita armatura
di collegamento dei travetti alle strutture perimetrali in modo
da costituire un efficace ancoraggio sia agli effetti della
trasmissione del momento negativo, sia della forza di taglio che
delle azioni normali alla parete.
L'ancoraggio alle murature verticali può essere realizzato con
l'esecuzione di un cordolo in cemento armato, di altezza non
inferiore a quella del solaio in corrispondenza di ciascun orizzontamento, oppure con il consolidamento della muratura in
corrispondenza degli orizzontamenti mediante iniezioni di miscele
leganti armate. In quest'ultimo caso le perforazioni possono
essere eseguite trasversalmente alle murature, con andamento
incrociato e inclinazione tale da interessare un'altezza pari
aImeno a quella del solaio, oppure orizzontalmente e
parallelamente all'asse della muratura, completandole in tal
caso, eventualmente, con cuciture d'angolo, in modo da legare
solidamente tutti gli elementi componenti la compagine
strutturale.
In alternativa, per le strutture più modeste può essere
sufficiente anche un collegamento discontinuo che, nel caso di
solai in legno. può realizzarsi mediante piatti metallici
d'ancoraggio chiodati alle travi, passanti in fori predisposti
nei muri e successivamente sioillati con malta cementizia.
Infine per solai in legno con cappa in calcestruzzo e solai
latero-cementizi di nuova costruzione, un sufficiente
collegamento può essere costituito da un cordolo continuo in
cemento armato a spessore parziale o semplicemente in aderenza,
provvisto di cunei di ancoraggio passanti attraverso le murature
ed opportunamente armati.
8. Scale
Le scale in muratura a
sbalzo, cioè quelle aventi gli scalini o la sottostruttura
incastrati nei muri di gabbia da un lato e liberi dall'altro,
devono essere di regola sostituite con scale in cemento armato o
in acciaio. Possono tuttavia essere conservate soltanto se prive
di lesioni e dopo averne verificata l'efficienza a mezzo di prove
di carico.
Quando necessità ambientali-architettoniche richiedano la
conservazione di scale a sbalzo staticamente non sicure, potranno
adottarsi rinforzi con strutture metalliche oppure cementizie. In
quest'ultimo caso dovrà porsi massima cura affinché gli sforzi
di trazione, presenti sulla struttura muraria delle scale, siano
completamente assorbiti da armature opportunamente inserite,
ancorate alla muratura perimetrale e suggeltate con malte
cementizie antiritiro o epossidiche.
9. Coperture
I tetti devono essere resi non
spingenti. Negli interventi di semplice miglioramento occorre, in
particolare, assicurarsi della capacità di resistere alle azioni
orizzontali da parte delle murature perimetrali ed interne che
spiccano dall'ultimo solaio per sostenere il tetto e di
realizzare un efficace collegamento fra le strutture del tetto e
le murature su accennate. Nel caso di tetti in legno si deve
garantire anche una adeguata connessione fra i diversi elementi
costituenti l'orditura.
Gli elementi sporgenti dalle coperture (comignoli, abbaini,
parapetti torrini, antenne, ecc.) devono essere ben fissati alla
base e, se necessario, controventati.
I provvedimenti intesi ad ottenere l'adeguamento sismico possono
essere i seguenti:
costruzione di cordoli di sottotetto in c.a. per la ripartizione delle forze trasmesse alla muratura dagli elementi strutturali lignei e cerchiatura dell'edificio in sommità;
applicazione di un tavolato di sottotetto in legno o di croci di Sant'Andrea per irrigidire la struttura nel piano di falda;
applicazione di catene in ferro e/o in legno.
Qualora, per motivi di particolare pregio architettonico o per l'ottimo stato di conservazione della copertura, non risulti conveniente la creazione di cordoli in cemento armato di sommità, si può, in via del tutto eccezionale, procedere al rinforzo della muratura che spicca dall'ultimo piano (compresi gli eventuali timpani) mediante iniezioni e cuciture armate o incorniciatura con lastre di cemento armato; particolare cura si deve porre comunque per realizzare efficaci collegamenti dell' orditura principale ugnea con la muratura così rinforzata.
10. Fondazioni
Nella maggior parte degli edifici
in muratura, la struttura di fondazione è sostanzialmente
coincidente con l'edificio stesso. Pertanto gli eventuali
interventi sono prevalentemente di tipo localizzato, tendenti a
sanare eventuali situazioni di debolezza puntuali.
Nel caso di inserimento nell'edificio di una nuova muratura, la
sua fondazione deve essere ammorsata in quella delle murature
esistenti mediante un opportuno innesto.
La riduzione della pressione di contatto edificio-terreno può
ottenersi, in generale, ampliando la base del fabbricato mediante
placcaggi in conglomerato cementizio a getto od a spruzzo
convenientemente armati, applicati da uno o da entrambi i lati
della muratura. L'efficacia di tale intervento è peraltro legata
alle caratteristiche di compressibilità del terreno e alle
modalità esecutive.
In quei particolari casi in cui il terreno di fondazione sia di
scadenti proprietà fisico-meccaniche, può essere necessario
riportare i carichi in profondità mediante pozzi o pali. Si
possono usare pali di normale diametro opportunamente collegati
alle strutture, ovvero si possono utilizzare pali di piccolo
diametro eventualmente eseguiti attraverso le strutture esistenti
così da collegarsi ad esse, per poi approfondirsi nel terreno
sottostante.
Per i pali di regola si adotta il sistema di trivellazione a
rotazione, che non comporta scuotimenti pericolosi per strutture
già in fase di dissesto.
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Edifici in cemento armato: Provvedimenti tecnici di intervento
Nella concezione ed esecuzione degli interventi di seguito illustrati, particolare attenzione deve essere dedicata ai problemi della durabilità; in particolare, ove si utilizzino elementi metallici, si consiglia l'uso di materiali autopassivanti.
1. Generalità
I provvedimenti tecnici descritti in questa parte, riguardano prevalentemente le modalità esecutive a carattere locale, che possono costituire le singole fasi di realizzazione degli interventi. Il progetto generale dell'intervento che considera il comportamento globale del fabbricato in fase sismica, rimane il fattore principale che assicura la buona riuscita dell'opera, dal quale pertanto non è mai possibile prescindere e dalla cui organicità, i singoli interventi devono derivare.
2. Strutture in elevazione
Per la riparazione ed il rafforzamento locale delle strutture in elevazione, si può ricorrere ad uno o più dei seguenti provvedimenti tecnici:
iniezioni di miscele leganti;
ripristino localizzato con conglomerati;
ripristino e rinforzo dell'armatura metallica;
cerchiature di elementi strutturali;
integrazione di armatura con l'applicazione di lamiere metalliche;
rinforzo con tiranti.
Nei casi in cui l'intervento
consista nel ripristinare strutture cementizie per porzioni o
tratti di entità considerevoli può essere usato calcestruzzo
ordinario, che abbia resistenza e modulo elastico non troppo
diversi da quelli del calcestruzzo esistente; l'aderenza del
getto all'elemento da riparare può essere migliorata mediante
l'applicazione di uno strato adesivo.
Per conciliare le esigenze di elevata resistenza e buona
lavorabilità dei getti può essere opportuno usare additivi
fluidificanti (che in genere migliorano anche l'adesione al
materiale preesistente).
Idoneo, in generale, è anche l'uso di calcestruzzi o malte con
additivi che realizzano un'espansione volumetrica iniziale capace
di compensare o addirittura di superare il ritiro.
Questo accorgimento permette di creare modesti stati di coazione,
benefici per I inserimento dei nuovi getti; è peraltro
essenziale utilizzare casseri contrastanti.
2.1. Iniezioni con miscele leganti
Le iniezioni sotto pressione, di
materiali (miscele cementizie e di resine) di opportuno modulo
elastico e con spiccate proprietà di aderenza al calcestruzzo ed
all'acciaio, possono essere usate soltanto per la risarcitura di
lesioni la cui apertura non superi i 3-4 mm.
L'impiego di resine migliora la resistenza sia a compressione che
a trazione. Il materiale si presta bene ad essere usato per
iniezioni anche mescolato con inerti fini. In funzione di molti
fattori, fra cui anche il tipo di inerti, si ottengono moduli
elastici molto variabili (da 20.000 kg/cm2 a valori
simili a quelli del calcestruzzo ordinario).
Le caratteristiche finali delle miscele dipendono sensibilmente,
tra l'altro, dalle condizioni ambientali (temperature ed
umidità) nelle quali avviene la loro maturazione. Pertanto, è
raccomandabile che lo studio delle modalità di preparazione
tenga conto delle effettive condizioni ambientali prevedibili e
che si provveda, in sede di esecuzione, al controllo delle
condizioni stesse, eventualmente con misurazioni della
temperatura e dell'umidità.
Risarciture di lesioni localizzate di piccola entità sono
effettuabili con miscele prevalentemente di resine con viscosità
e pressioni dipendenti dalle ampiezze delle stesse. Si raccomanda
di usare pressioni non troppo elevate per non indurre stati di
coazione eccessivi nell'elemento iniettato. Si sconsigliano
iniezioni di resina per lesioni rilevanti per evitare eccessivi
riscaldamenti prodotti dalla polimerizzazione della miscela.
Le operazioni da effettuare sono:
pulizia della polvere o dalle altre impurità delle superfici danneggiate con l'eliminazione del materiale disgregato;
pulizia in profondità con aria o acqua in pressione;
sigillatura delle lesioni con stucco o intonaco e predisposizione di tubicini di ingresso della miscela che è costituita generalmente da resina pura o debolmente caricata.
La tecnica descritta è altresì da evitare nel caso di lesioni molto piccole (ad esempio attorno al decimo di millimetro) perché l'iniezione diventa difficoltosa e richiede pressioni elevate, con esito incerto e possibilità di effetti negativi difficilmente controllabili sulle parti di struttura lesionate. In questi casi si raccomanda di non fare affidamento sul completo ripristino della continuità dell'elemento fessurato, ma solo su una percentuale cautelativa che tenga conto appunto della probabile presenza di lesioni e distacchi non iniettati.
2.2. Ripristino localizzato con conglomerati
Nel caso di lesioni di apertura
superiore ai 3-4 mm ovvero quando il calcestruzzo si presenta
fortemente degradato o frantumato si ricorre al ripristino
dell'elemento danneggiato mediante il getto localizzato di
conglomerato, che potrà essere, a seconda dei casi, di tipo
ordinario, di tipo additivato con spiccata proprietà di aderenza
al preesistente calcestruzzo ed alle armature di tipo spruzzato (gunite,
spritzbeton, ecc.) adoperabile soltanto su nuclei
integri e per spessori non eccessivi, e del tipo composto da
resine.
Qualsiasi intervento deve essere preceduto dalla scarificazione
nel calcestruzzo con la rimozione di tutte le parti disgregate.
La riparazione con getto di calcestruzzo, ordinario o con
additivi, è la più frequente nel caso che si presenti parziale
disgregazione del materiale (eventualmente evidenziabile anche
con debole percussione).
Eseguite le occorrenti puntellature o tirantature provvisorie, si
procede nella maniera seguente:
eliminazione di tutte le parti disgregate o parzialmente espulse ponendo attenzione a non danneggiare le armature presenti;
eventuale iniezione della parte messa a nudo;
pulizia della superficie con aria compressa e lavaggio; se si rende necessario l'inserimento di nuove armature, dopo l'operazione indicata alla lettera a) si prosegue con le operazioni appresso elencate;
messa in opera di nuove armature mediante saldatura alle preesistenti, semplice legatura con spinotti o con barre infilate in fori trapanati nella parte di calcestruzzo indenne (successivamente iniettati); quest'ultimo intervento è da effettuare quando non si ritenga sufficiente per il collegamento tra vecchio e nuovo, la sola aderenza del calcestruzzo o la resistenza dell'adesivo spalmato prima del getto;
posizionamento dei casseri e loro eventuale contrasto;
eventuale spalmatura di adesivo tra vecchio calcestruzzo e nuovo getto;
esecuzione del getto di calcestruzzo e di malta, prima che l'eventuale adesivo abbia iniziato la polimerizzazione; una tecnica analoga utilizzabile quando il danno si limita al copriferro o poco di più, consiste nella applicazione di una intonacatura con malta cementizia a ritiro compensato, posta in opera mediante spruzzatura.
Questo tipo di applicazione
(opportuno per spessori non superiori a 3 centimetri) è
conveniente nella riparazione delle pareti di cemento armato. In
questo caso la riparazione si effettua applicando uno o più
strati di rete elettrosaldata e collegando i due strati con
barre, spinotti o gabbie staffate passanti attraverso la parete;
i collegamenti sono completati iniettando i fori di
attraversamento.
Il materiale per la ricostruzione dell'elemento può essere anche
malta di resina con il vantaggio di avere una resistenza e
un'adesione elevate, ma con la possibilità di introdurre una
zona con moduli elastici e resistenze generalmente diversi da
quelli del calcestruzzo.
2.3. Ripristino e rinforzo dell'armatura metallica
Ove necessario, le armature vanno
integrate. Particolare cura va posta all'ancoraggio delle nuove
armature ed alla loro solidarizzazione all'elemento esistente.
Il rinforzo può essere realizzato localmente con l'aggiunta di
nuove barre, od interessare l'intera struttura, con l'inserimento
di elementi aggiuntivi in cemento armato o in acciaio, resi
collaboranti con quelli esistenti. In presenza di pilastri
fortemente danneggiati alle estremità, la riparazione deve
comportare anche il rinforzo delle armature longitudinali e
trasversali.
Il getto di completamento può essere eseguito con malta o
calcestruzzo a stabilità volumetrica oppure con malta o
calcestruzzo ordinari assicurando in ogni caso l'aderenza tra il
nuovo e il vecchio calcestruzzo.
Il rinforzo dei nodi trave-pilastro deve assicurare il
miglioramento dell'ancoraggio delle armature, e una continuità
meccanica sufficiente a trasmettere gli sforzi massimi
sopportabili dalle sezioni di estremità interessate, contenere
il conglomerato e le armature nei riguardi della espulsione
trasversale, mediante opportuna staffatura.
Quando i nodi trave-pilastro sono tanto danneggiati da rendere
tecnicamente difficile la loro riparazione, la funzione statica
degli elementi strutturali convergenti nei nodi deve essere
attribuita ad altri elementi portanti dell'ossatura.
Per ripristinare l'efficienza di barre ingobbate, occorre un
provvedimento diretto di riparazione costituito, ad esempio, da
saldatura di spezzoni di barre o di angolari a cavallo dcl tratto
danneggiato e da inserimenti di armature trasversali per ridurre
la lunghezza libera di inflessione.
Il caso di un insufficiente o mal disposto ancoraggio delle barre
dei pilastri si può risolvere con armature saldate passanti
entro fori praticati attraverso i nodi, e successivamente
ricoperti con malta cementizia a ritiro compensato o epossidica
e/o con iniezioni di resina. Nuove barre possono essere saldate
anche in elementi inflessi a cavallo delle sezioni danneggiate
per difetto di armature longitudinali, con adeguato prolungamento
per I'ancoraggio.
In elementi sottoposti a forze di taglio e nei nodi dei telai
possono essere applicate staffe o collari per quanto possibile
perpendicolari alla lesione. Le armature vanno poi protette da
intonaco cementizio a ritiro compensato.
In ogni caso gli ancoraggi delle barre e le loro giunzioni
mediante saldatura sono migliorati dal confinamento realizzato da
una fitta armatura trasversale che avvolga la zona trattata.
Per l'acciaio in barre, quando ne sia previsto il collegamento
alle armature esistenti tramite saldature, si raccomanda di
controllare la saldabilità, sia delle esistenti che di quelle
aggiuntive, o meglio la capacità di sopportare l'unione senza
divenire fragile.
2.4. Cerchiature di elementi strutturali
L'effetto della
"cerchiatura" si ottiene con staffe o altre armature
trasversali di contenimento. Esso ha lo scopo di contrastare le
deformazioni trasversali del calcestruzzo, prodotte dalle
tensioni di compressione longitudinali, migliorandone le
caratteristiche di resistenza e di duttilità.
Queste armature possono essere semplici collari di lamierino,
ovvero eliche di filo d'acciaio, oppure vere e proprie strutture
di carpenteria metallica, calastrellate o più raramente
reticolate. Le armature esterne devono essere protette mediante
intonaco cementizio o gunite armata con rete.
Una cerchiatura si realizza anche con la messa in opera di
armature trasversali generalmente chiuse, quali staffe
(eventualmente saldate), spirali, collari o profilati saldati a
formare una struttura chiusa.
2.5. Integrazioni di armatura con l'applicazione di lamiere metalliche
Un'armatura aggiuntiva, se
necessaria, può essere realizzata mediante piastre di acciaio,
applicate sulla superficie dell'elemento strutturale da riparare
o da rinforzare ed a questo solidarizzate opportunamente.
Nel caso di piastre sollecitate a taglio o compressione, deve
porsi attenzione al pericolo di instabilità; in ogni caso,
questa tecnica comporta un aumento della rigidezza dell'elemento
riparato, di cui si deve tener conto nei calcoli.
Le piastre devono essere opportunamente protette dalla
corrosione.
Tale tecnica consiste nella solidarizzazione tramite incollaggio
e chiodature di lamiere o profilati su elementi in cemento
armato. Questo provvedimento può essere usato in casi
particolari in cui non sono applicabili metodi tradizionali; ne
può essere giustificato l'impiego ad esempio quando si
riscontrino:
danni nella parte tesa di elementi inflessi. In questo caso la lamiera ha funzione di armatura tesa e la resina, e i chiodi, assicurano la trasmissione delle forze di scorrimento;
danni in zone sottoposte a taglio. In questo caso la lamiera è posta in genere a cavallo fra zona tesa e compressa; in quest'ultima vanno posti i connettori di collegamento trasversale per prevenire fenomeni di instabilità delle lamiere stesse. Alla lamiera viei affidato il compito di trasmettere le forze di scorrimento;
danni per eccessiva trazione o nelle zone di ancoraggio delle barre di armatura.
L'incollaggio delle lamiere è
ammesso quando il conglomerato presenta buone caratteristiche di
resistenza.
In ogni caso le operazioni consistono in:
pulizia della superficie da incollare previa asportazione dello strato di calcestruzzo degradato mediante energica azione di spicconatura e di martellinatura;
applicazione di successivi strati di malta di resina per regolarizzare, ove necessario, superficie (si raccomanda di non superare, per lo spessore di ogni strato, valori intorno a 5 6 mm);
incollaggio delle lamiere con adesivo spalmato. Le lamiere devono essere tenute in sito con chiodi ad espansione con puntelli forzanti fino ad indurimento;
in alternativa al punto 3) possono impiegarsi lamiere con successive iniezioni resina;
protezione delle lamiere con prodotti anticorrosivi.
Il rinforzo di elementi in cemento
armato può conseguirsi mediante tiranti di acciaio posti in
tensione seguendo la tecnica della precompressione, oppure delle
chiodature pretese.
In ogni caso deve verificarsi che l'intervento non provochi
dannosi stati di coazione.
3. Fondazioni
In consolidamento delle fondazioni può in genere conseguirsi:
con la costruzione, ove possibile di travi in cemento armato per il collegamento dei plinti nelle due direzioni in guisa da realizzare un reticolo orizzontale di base;
con la costruzione di setti in cemento armato al livello di primo interpiano sì da costruire nel suo complesso una struttura scatolare rigida;
con l'approfondimento delle strutture fondali mediante pali di piccolo o medi diametro, fortemente armati;
con l'allargamento della base d'appoggio mediante sottofondazione in cemento armato oppure mediante la costruzione di cordolature laterali in cemento armato;
con rinforzi localizzati delle strutture di fondazione (fasciature in acciaio od in cemento armato presollecitato, cerchiature ecc.).
Nei casi in cui l'intervento
consista nel ripristinare strutture cementizie per porzioni o
tratti di entità considerevoli può essere usato calcestruzzo
ordinario, che abbia resistenza e modulo elastico non troppo
diversi da quelli del calcestruzzo esistente; l'aderenza del
getto all'elemento da riparare può essere migliorata mediante
l'applicazione di uno strato adesivo. Per conciliare le esigenze
di elevata resistenza e buona lavorabilità dei getti può essere
opportuno usare additivi fluidificanti (che in genere migliorano
anche l'adesione al materiale preesistente).
Idoneo, in generale, è anche l'uso di calcestruzzi o malte con
additivi che realizzano un'espansione volumetrica iniziale capace
di compensare o addirittura di superare il ritiro.
Questo accorgimento permette di creare modesti stati di coazione,
benefici per l'inserimento dei nuovi getti; è peraltro
essenziale utiIizzare casseri contrastanti.
DOMENICO
CORTESANI, direttore
FRANCESCO NOCITA, redattore
ALFONSO ANDRIANI, vtce redattore
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