Ed ecco i frattali in musica

Esiste anche una musica frattale. Ci credereste mai?

Infatti i frattali sono funzioni matematiche, pertanto, è possibile associarvi una rappresentazione sonora. Quello che ne viene fuori, tuttavia, non è altrettanto gradevole e suggestivo rispetto alle rappresentazioni grafiche: se guardare frattali affascina e non ci si stanca mai, sentire frattali induce ad una noia mortale e per questo è consigliabile farne un uso moderato; piccoli assaggi, giusto per la curiosità di appurare cosa sono e come vengono prodotti i cosiddetti frattali musicali.

Per sintetizzare un po', possiamo dire che l'altezza e la durata di una nota è scelta con lo stesso criterio con cui viene scelto il colore nella rappresentazione grafica di un punto. Ascoltando la melodia, ci si accorge di alcune regolarità e della ricorrenza di alcuni temi: è proprio questo che evidenzia l'autosimilarità che è così evidente nelle immagini. Esattamente come nella rappresentazione convenzionale, abbiamo a che fare con un "ordine nel disordine", un caos deterministico.

In natura sono stati individuati e classificati tre tipi di rumore o suoni di base: il white noise, brown noise e pink noise.

Tanto per intenderci, se accendete la radio ed evitate di sintonizzarla, il suono che udite è variabile e del tutto casuale sia per ampiezza che per frequenza. Ecco, quel suono è definito rumore bianco.

Il brown noise invece, pur presentando suoni casuali, ha strutture e regole che lo differenziano nettamente dal white.

Tra i due suoni si inserisce il pink noise, più strutturato del white (troppo casuale) e meno del brown (troppo rigido), per questo risulta più gradevole all'orecchio umano.

E’ stato lo stesso Mandelbrot a dimostrare come i rumori alla periferia del sistema nervoso centrale somiglino al white noise, mentre, più ci si avvicina al cervello, più si presentano pink noises. Forse è e per questo che preferiamo i suoni "rosa".

La dinamica caotica dei frattali, quel miscuglio di regole e imprevedibilità, per certi versi, offre spunti assai interessanti nella creazione di melodie automatiche. Il concetto ed il conseguente tentativo di musica automatica è meno “nuovo” di quanto si possa pensare e risale, pensate un po’, a quasi 2 secoli e mezzo fa. Si deve, infatti, a quell’autentico genio di W. A. Mozart il primo concreto tentativo di scrivere musica automatica associata al caso: nel lontano 1787 Mozart scrisse le istruzioni e le misure di un sistema di composizione per minuetto ottenuto attraverso un gioco di dadi. Basandosi sulle 176 possibili misure per un minuetto e 96 possibili forme ternarie, il genio austriaco compilò una tabella di regole per associare ai risultati delle giocate le rispettive note. Incredibile!, il primo algoritmo di composizione generativa è del 1787!

Naturalmente, da allora la matematica è entrata prepotentemente in diverse sperimentazioni musicali ma, per ritrovare la generazione musicale spontanea, si deve arrivare ai giorni nostri, prima con i tentativi più concettuali di Steve Reich e Terry Riley, poi con uno dei più famosi guru dell’elettronica: Brian Eno. Già con uno dei suoi primi lavori, Discreet Music del 1975, il celebre autore inglese si interessò alla produzione spontanea di esperienze musicali. In uno dei brani di questo album due semplici cicli melodici di diversa durata si ripetono separatamente, potendo così sovrapporsi in maniera arbitraria. Per esempio, un ciclo di 30 secondi e uno di 50 secondi si sovrappongono perfettamente ogni 1.500 secondi (30 moltiplicato 50). Di qui l’uso di diversi registratori a nastro, ciascuno contenente un ciclo, fatti suonare tutti insieme, in modo che lo stesso suono perfettamente sincrono sarebbe stato ripetuto solo dopo anni. Il passo successivo è venuto dall’utilizzo della tecnologia digitale non solo per raffinare questa tecnica, ma per evolverla, introducendo variabili probabilistiche che variassero davvero il brano a ogni esecuzione, specificando solo il dominio musicale entro cui comporre la sua struttura e i parametri su cui svilupparlo.

A metà degli anni Novanta Eno fu contattato dalla software house SSEYO e cominciò a usare il loro prodotto di punta, il programma Koan, che sfrutta adeguatamente le comuni schede audio dei Pc. A tutt’oggi la stessa ditta rende disponibili alcuni plug-in che permettono di scaricare i parametri necessari a generare il brano desiderato con il proprio hardware, un po’ come un file Midi, ma non definito nota per nota, bensì autogenerato a partire da alcuni dati. Un vantaggio immediato è che le dimensioni totali del file sono completamente indipendenti dalla durata della sua esecuzione, e quindi risulteranno davvero minime, in genere dai 5 ai 20 KB, oltre, come già detto, a non suonare mai sempre allo stesso modo. Per motivi strategici e di marketing, quindi, la SSEYO sta ora ribattezzando i suoi prodotti come Koan Audio Vectors, ossia audio vettoriale.

In Italia, oltre a P. Grossi, che per anni ha sviluppato queste teorie al Dipartimento di Computer Music del Cnuce di Pisa, va segnalata Generative Art una conferenza internazionale a cadenza annuale, organizzata dal Politecnico di Milano sulle arti generative in senso lato, che riserva alcuni ambiti specifici dedicati alla parte musicale con workshop, performance dal vivo e seminari.  


Se volete deliziare la vostra mente con un piccolo ascolto di frattali musicali,eccovi serviti. Qui di seguito trovate alcuni brani musicali che ho selezionato per voi, alcuni di questi sono stati personalmente elaborati da me stesso (bah!). Ogni brano dura circa un minuto.

Brano 1     

Brano 2     

Brano 3     

Brano 4     

Brano 5  


 Frattali e algoritmi genetici sonori

Di musica frattale, ispirata alla teoria del caos, si è cominciato a parlare più o meno contemporaneamente al boom estetico e scientifico dei frattali visivi e si è rivelato col tempo un argomento particolarmente gradito ai matematici con aspirazioni musicali, come testimoniano i tanti siti della Rete dedicati a quest’argomento.

Se siete interessati a questi aspetti, potete dare un’occhiata a Fractal Music Lab che riporta sinteticamente tutte le teorie principali ed è fornito di una nutrita sezione di link da consultare per approfondire le diverse branche in cui sfocia l’argomento.

Ma non c’è miglior modo per esperire una tecnica curiosa come questa se non provandola direttamente e non mancano i software gratuiti che permettono di sperimentare col proprio Pc la creazione di brani che si autogenerano.

La Algorithmic Arts, per esempio, è una piccola casa di software che ha come prodotto di punta SoftStep, un sequencer per Windows che integra tool di composizione di diverso tipo, inclusi quelli che generano melodie basate su algoritmi frattali, a partire dalla teoria del caos, su basi probabilistiche e numeriche. Alcune brevi realizzazioni si possono scaricare dal sito, insieme a una versione lite del programma.

Anche MusiNum, sempre freeware per Windows che genera musica frattale attraverso successioni di cifre ottenute con semplici somme, composte secondo la teoria dei numeri e associate attraverso i principi di similarità autoreferenziale.
Tangent, infine, un altro freeware per Windows 95/98, usa metodi algoritmici, euristici, deterministici, stocastici, generativi e trasformativi, sintetizzando diversi approcci alla generazione automatica. Il suo autore insiste a definirne l’approccio come eclettico neo-generativo, ma in termini più pragmatici basta dire che la particolarità di questo programma è che si basa sulle strutture più che sulle singole note.

Genetic Jammer  è un programma che impara a suonare assoli jazz d’improvvisazione, comunicando attraverso lo standard Midi con i suoi partner umani. Il software è stato codificato da Al Biles, che ha creato così una sorta di band virtuale chiamandola, appunto, Al Biles Virtual Quintet, con lui che suona tromba e flicorno, e GenJam che risponde col sax tenore e altri strumenti
La sequenza simmetrica per eccellenza, la complessa struttura del Dna, ha ispirato Susan Alexjander e David Deamer: due musicisti che hanno ribattezzato le loro creazioni come DNA Music associando alle basi le note di un sistema a quattro toni.

Infine il californiano David Cope ha sviluppato il software denominato EMI (Experiments in Musical Intelligence) che analizza i brani e ne isola melodie e ritmi ricorrenti, componendo poi sulla base di queste strutture. I risultati sono tanto convincenti che hanno ingannato un pubblico attento in una dimostrazione pubblica in cui sono stati messi a confronto brani originali di Bach con quelli generati da EMI.

Brian Eno definisce la musica generativa come “tanto ignorabile, quanto interessante”, ma ipotizza anche in maniera inquietante che i nostri nipoti un giorno ci potrebbero guardare stupiti e chiedere: «Ma davvero tu ascoltavi esattamente lo stesso brano per tante volte di seguito?».

   

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Fonte: S. Ludovico - Internet News

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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