PREMESSE CULTURALI

La politica del recupero dei "Centri Antichi", già da tempo argomento di un grande dibattito culturale e socio-economico, si è imposta con più urgenza ed impellenza, anche nelle realtà territoriali minori in seguito agli eventi sismici che in questi ultimi anni hanno interessato il nostro Paese.

I terremoti, infatti, hanno amplificato e reso evidenti situazioni di degrado, di abbandono, di instabilità sismica, per la verità già presenti e conosciuti, interessando e colpendo con forza distruttrice proprio queste particolari zone che male hanno retto l'ennesimo attacco della natura.

Si è accentuato così, e notevolmente, il fenomeno dell'abbandono dei centri antichi da parte delle popolazioni ivi insediate.

L'esodo, che ha procurato alle comunità colpite non pochi problemi di sistemazione, si potrà arrestare solo attraverso l'attuazione di una politica di recupero del "centro antico" finalizzata non solo alla ricostruzione del patrimonio edilizio, ma anche e soprattutto al ripristino di infrastrutture necessarie ed indispensabili alla vita civile, oggi completamente assenti.

Ma prima ancora di affrontare i problemi tecnici inerenti la realizzazione di un razionale piano di recupero urbano, è necessario giustificarne la necessità attuativa in funzione sia della riappropriazione di quella parte della cultura popolare e contadina di cui il centro storico è manifestazione immediata e genuina, sia per rispondere ad inderogabili esigenze di assetto del territorio urbano le cui contraddizioni e dicotomie mal si conciliano con i moderni canoni di civiltà.

Per fare ciò è necessario che la Pubblica Amministrazione e la popolazione interessata al recupero risolvino insieme alcuni problemi preliminari all'intervento stesso.

In sintesi: prima ancora di chiedersi "come recuperare" è necessario domandarsi "per chi recuperare".

E ancora: i benefici eventualmente ricavabili da un intervento nel centro storico compenseranno i costi sostenuti? Non sarebbe più produttivo convogliare gli sforzi verso la individuazione e la sistemazione di nuove aree di espansione urbana?

Risulta chiaro ed evidente che è la natura delle risposte a queste domande a giustificare l'intervento nel centro storico; al contrario, risulterà immotivata e destinata al fallimento una qualsiasi operazione che ne tenti il recupero sociale ed abitativo.

L'uso dell'esistente determina sicuramente risparmio economico in quanto realizzare e attrezzare dal nuovo un quartiere non equivale a recuperarne uno già presente. A titolo di esempio, si eliminano le spese di urbanizzazione primarie necessarie nel primo caso.

Ma quando si parla di "benefici" ci si riferisce non solo a ricavi economici ma anche e soprattutto a vantaggi sociali e culturali i quali, per la connotazione socio-psicologica che è loro propria, sfuggono ad un qualsiasi tentativo di quantificazione.

Tali vantaggi, derivanti dal recupero dei centri antichi, sono stati sottolineati con particolare profondità di analisi nella "Carta europea del patrimonio architettonico" redatto dal comitato dei ministri del Consiglio Europeo nel 1975.

In tale documento si sottolinea che "Il Patrimonio architettonico non è formato solo dai monumenti più importanti ma anche dagli insiemi che costituiscono le nostre antiche città ed i nostri tradizionali villaggi nel loro ambiente naturale e costruito. Tale patrimonio è indispensabile all'equilibrio e alla consapevolezza dell'uomo in quanto "rappresenta una parte essenziale della memoria degli uomini contemporanei e deve essere trasmessa alle generazioni future nella sua autentica ricchezza e nella sua diversità; operando al contrario, l'umanità sarebbe privata di una parte della sua coscienza, della sua storia".

Esso è inoltre "un capitale spirituale, culturale, economico e sociale di insostituibile valore in quanto ogni generazione fornisce una diversa interpretazione del passato e ne trae nuove idee" ed infine, "...ha valore educativo in quanto offre materia privilegiata di spiegazione e comprensione della realtà " a cui tutti possono attingere.

In questo stesso documento si sottolinea che:" questo patrimonio è in pericolo perché minacciato dall' ignoranza, dalla vetustà, dalla degradazione e dall'abbandono".

Si evidenzia che "un certo modo di fare urbanistica è distruttivo" soprattutto "quando le autorità sono troppo sensibili alle pressioni economiche", infatti è "la speculazione fondiaria ed immobiliare che annienta i migliori Piani" di recupero.....

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