La
dinamica dei terremoti
L'effetto di un sisma sulla superficie terrestre è paragonabile a quel che succede se si lancia un sasso in uno specchio d'acqua: una serie concentrica di increspature che si dipartono dal punto in cui è caduto il sasso, proprio come si può osservare nell'immagine animata che compare nella prima pagina di questa sezione.
Tutti i terremoti sono il risultato del complesso movimento
geologico delle zolle attive presenti sul nostro pianeta. Si possono immaginare
le zolle come un insieme disomogeneo di pezzi di ghiaccio che si muovono sulla
superficie di un lago. Scontrandosi e sormontandosi, ma soprattutto a causa di accumulo di forze elastiche
trattenute da attriti che si sciolgono rapidamente, le zolle provocano onde sismiche che si generano all'interno della crosta
terrestre e navigano poi sulla superficie di questa allontanandosi rapidamente
in ogni direzione dall'epicentro. L'epicentro è il punto superficiale terrestre
dal quale si dipartono le onde sismiche. Queste viaggiano con modalità diverse
a seconda del tipo di materiale geologico che attraversano e
provocano una serie di eventi più o meno catastrofici. L'ipocentro, invece, è il punto in profondità dal quale proviene la
quantità maggiore di energia emessa durante un sisma.
Vediamo,
ora, quali sono le possibili condizioni di
genesi di un terremoto partendo da un esempio tipico.
Siamo in presenza di una faglia trasforme, ovvero di due
zolle su di una linea di contatto, spinte da due forze distinte e contrapposte.
Naturalmente l'attrito tenderà a bloccare il loro movimento fino a quando
l'accumulo di energia non sarà sufficiente a superare la resistenza
dell'attrito. Superata la soglia dell'attrito, le due zolle si muoveranno
rapidamente in direzioni opposte con movimenti paralleli alla linea di frattura,
scatenando una serie di onde sismiche.
La profondità dell'ipocentro, punto dal quale partiranno
tutti i tipi di onde sismiche, dipende dal punto di maggiore attrito, ma in
genere si tratta, in questo caso, al massimo di poche decine di chilometri.
La grande energia che si è accumulata durante il blocco
delle due zolle, tende quindi a liberarsi e a riportare le forze in condizione
di quiete. Le tensioni cui sono sottoposte le zolle e il loro moto, possono
essere paragonati a un cubo di pietra poggiato su una superficie ruvida e
collegato ad un elastico. Mano a mano che l'elastico verrà teso, il blocco
manterrà la sua posizione fino a quando non si sarà raggiunta una certa
tensione, poi si muoverà rapidamente in avanti, quindi si bloccherà di nuovo
finché l'elastico non avrà raggiunto nuovamente un ulteriore grado di
tensione.
Allo stesso modo, due zolle geologiche durante un
terremoto, provocheranno vari tipi di onde con uno spettro di frequenze anche
ampio, alcune di frequenza molto bassa, non udibili, ma chiaramente avvertibili
con apparati opportuni, altre, anche chiaramente udibili da uomini e animali.
Spesso, ma non sempre, un terremoto di una certa intensità,
è preceduto da piccoli sommovimenti detti microscosse. La rilevazione delle
microscosse può essere un valido sintomo di previsione entro periodi
relativamente brevi. Purtroppo non sono a disposizione al momento attuale,
conoscenze per fornire delle previsioni sufficientemente esatte e precise, né
sulla potenza dell'evento, né sui tempi di accadimento dello stesso.
Dall'ipocentro, quindi, le onde si propagano generando una
serie di compressioni e dilatazioni della roccia. Allontanandosi dall'ipocentro
(internamente al pianeta) o dall'epicentro (sulla superficie terrestre), le onde
si muovono con modalità diverse raggiungendo o meno determinate zone del
pianeta.
Le principali manifestazioni sismiche sono di due tipi e si
manifestano con terremoti di tipo sussultorio o ondulatorio. Il moto sussultorio
si ha quando il terreno si muove rapidamente abbassandosi e rialzandosi, quindi
con movimenti posti sull'asse verticale, il moto ondulatorio avviene quando il
terreno si comporta come la superficie di un lago in cui vi si è gettato un
sasso. Entrambi i moti, se le potenze in gioco sono molto elevate, sono
estremamente distruttivi. Il movimento sussultorio può rapidamente sgretolare
qualsiasi struttura non sufficientemente solida anche se di altezza minima, il
moto ondulatorio, invece, provoca delle tensioni estreme in tutte le strutture
elevate, generando un collasso strutturale, allorquando non siano state
costruite con caratteristiche tali da sopportare questo tipo di sollecitazioni.
La propagazione delle onde sismiche è varia in funzione
del tipo di terreno che attraversano. In corrispondenza di terreno roccioso e
compatto, le onde si propagano con perdite di energia minima, diversamente lungo
terreni ghiaiosi o comunque composti da rocce frantumate, le onde perdono più o
meno rapidamente energia e si esauriscono lungo percorsi più brevi. Questo
spiega perché talvolta determinate zone più lontane dall'epicentro siano più
danneggiate rispetto ad altre più vicine.
I terremoti caratterizzati da ipocentri con profondità
estreme, si parla anche di 700/800 km., quindi generalmente molto più profondi
dello spessore medio della crosta terrestre, si formano quando una piastra è
costretta a scendere al di sotto di una zolla.
L'immersione verso il basso di uno strato consistente di
crosta, sarà perciò sollecitato da diversi tipi di forze, non ultime quelle
che cercheranno di frantumarla. Piccole o grandi fratture interne, provocheranno
quindi terremoti più o meno intensi che raggiungeranno la superficie terrestre
dopo un lungo percorso, perdendo in tal modo intensità ed energia. Generalmente
si può affermare che un terremoto con ipocentro vicino sarà maggiormente
distruttivo e limitato in estensione, diversamente un sisma caratterizzato da
ipocentro molto profondo, sarà meno violento ma ampiamente esteso.
Successivamente alla scossa principale, generalmente
seguono delle altre scosse dette di assestamento, ovvero che liberano energie
residue relativamente piccole. In qualche caso però queste energie residue
possono risultare ancora di potenza sufficiente per provocare ulteriori fenomeni
distruttivi.
L'esperienza indica che esistono due principali tipi comportamentali dei terremoti. Il primo, quello più temibile, accade quando sono in gioco forze elastiche e attriti molto elevati. Il che provoca un accumulo di energie che si liberano violentemente quasi in un'unica soluzione, manifestando effetti particolarmente distruttivi e soprattutto di difficile previsione. Il secondo è caratterizzato da sommovimenti frequenti e prolungati nel tempo ma con intensità minore. Anche se i totali delle energie liberate possono, in certi casi, risultare analoghi, nel secondo caso i danni che si verificano sono in misura molto più limitata.
Fonti: Servizio sismico nazionale Nucleo Protezione Civile. Bellizzi (SA) |